Spese manutenzione (appunti)

Quesito del 18.4.2018
Si chiede se il limite del 5% del costo complessivo dei beni ammortizzabili di cui all’art. 102 co. 6 del TUIR debba essere inteso come limite massimo per la deduzione delle spese di manutenzione e, quindi, se il contribuente possa dedurre un importo inferiore al predetto limite, rinviando comunque la deduzione dell’eccedenza in quote costanti nei cinque esercizi successivi.

Risposta
In via preliminare, si ricorda che, ai sensi dell’art. 102 co. 6 del TUIR:
– le spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione, che dal bilancio non risultino imputate ad incremento del costo dei beni ai quali si riferiscono, cioè non capitalizzate (manutenzione ordinaria), sono deducibili nel limite del 5% del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili risultanti all’inizio dell’esercizio dal registro dei beni ammortizzabili;
– l’eccedenza è deducibile per quote costanti nei 5 esercizi successivi;
– resta ferma la deducibilità nell’esercizio di competenza dei compensi periodici dovuti contrattualmente a terzi per la manutenzione di determinati beni, del cui costo non si tiene conto nella determinazione del suddetto limite percentuale.
In merito alla questione sottoposta alla nostra attenzione, non sono rinvenibili, a quanto ci consta, chiarimenti ufficiali, né interventi giurisprudenziali.
Secondo la dottrina che si è occupata della materia (Valacca R. “Le spese di manutenzione nella pianificazione fiscale”, Corriere Tributario, 48, 1993, p. 3179; Andreani G. “Chiusura dei conti, bilancio e dichiarazione dei redditi – Le spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione”, Il fisco, 44, 1996, p. 10715 ss.; Marcello R., Lucido N. “Le spese di manutenzione e riparazioni sui beni di terzi: l’ipotesi dei beni in leasing iscritti in bilancio secondo il metodo finanziario”, Il fisco, 3, 2012, p. I/316 ss.), in base al tenore letterale della norma (ai sensi della quale le spese in esame “sono deducibili nel limite del 5 per cento”), il plafond del 5% dovrebbe costituire un “limite massimo”, oltre il quale non risulta possibile effettuare alcuna deduzione. Dovrebbe, quindi, essere possibile dedurre le spese di manutenzione per un importo inferiore al 5%. In questo caso, l’eccedenza (“deducibile per quote costanti nei cinque esercizi successivi”) dovrebbe essere calcolata rispetto all’ammontare dedotto e non rispetto allo stesso limite del 5%. Non sembrerebbe, per contro, corretto considerare il plafond come una “misura fissa” di deducibilità, che non può essere oggetto di deroghe e che deve essere necessariamente rispettata.
In questo senso sembrerebbero esprimersi anche Campi R. “I costi di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione prima e dopo l’entrata in vigore del Testo Unico delle imposte sui redditi”, Il fisco, 9, 1987, p. 1344 ss. e Renne V. “Reddito d’impresa – Le spese di manutenzione”, Il fisco, 33, 1987, pag. 5223 ss., laddove affermano che l’importo determinato ai sensi dell’art. 102 co. 6 del TUIR costituisce un “limite massimo”.
Aderendo all’orientamento dottrinale riportato e ipotizzando che le spese di manutenzione imputate a Conto economico nell’esercizio 2017 ammontino a 31.000,00 euro e il plafond del 5% sia pari a 11.000,00 euro, il contribuente potrebbe, ad esempio, dedurre le spese nel periodo d’imposta 2017 in misura pari a 1.000,00 euro (inferiore al plafond) e rinviare la deduzione dell’eccedenza (30.000,00 euro) ai periodi d’imposta 2018-2022 nella misura di 6.000,00 euro per ciascun anno.
Tale ricostruzione, per lo più molto risalente, non sembra pienamente appagante sotto il profilo della corretta imputazione temporale.
Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, infatti, le regole sull’imputazione temporale dei componenti di reddito sono inderogabili, sia per il contribuente che per gli uffici (da ultimo Cass. 18.1.2017 n. 1107). Pertanto, deve ritenersi rigorosamente preclusa, in tema di reddito d’impresa, la deduzione di costi in esercizi diversi da quello di competenza, “giacché il contribuente non può essere lasciato arbitro della scelta del periodo in cui registrare le passività” (da ultimo Cass. 21.3.2018 n. 7032, 16.12.2015 n. 25282, 24.1.2013 n. 1648, 31.1.2011 n. 2213, 18.2.2011 n. 3947, 15.11.2000 n. 14774).
Con riferimento al caso di specie, è opportuno sottolineare che la disciplina delle spese di manutenzione contenuta nell’art. 102 co. 6 del TUIR (ed, in particolare, la soglia del 5%) è riconducibile all’esigenza di garantire la certezza del rapporto tributario e, più in particolare, di evitare controversie in merito alla qualificazione di una spesa tra quelle di manutenzione ordinaria oppure di manutenzione straordinaria (Falsitta G. “Manuale di diritto tributario”, Wolters Kluwer, Milano, 2016, p. 528-529).
In linea con tale ratio, le spese di manutenzione ordinaria, una volta imputate a Conto economico, dovrebbero essere dedotte in base al principio di competenza e nel limite del 5% sopra indicato.
Dedurre un importo inferiore rispetto a quanto imputato a Conto economico sarebbe in linea con il dettato dell’art. 102 co. 6 del TUIR, ma non con la previsione dell’art. 83 o 109 del TUIR, a seconda della tipologia di impresa.
La questione, in ragione dell’orientamento dottrinale prevalente, appare oggettivamente delicata e, laddove l’Amministrazione ritenesse di aderire ad un orientamento più rigoroso, sembrano sussitere gli estremi per l’applicazione dell’art. 6 co. 2 del DLgs. 472/97, in base al quale “non è punibile l’autore della violazione quando essa è determinata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferiscono”.

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