Omessa dichiarazione UNICO e dich Tardiva entro 90 gg

Entro il 28 febbraio 2024 può essere ravveduta l’omessa presentazione delle dichiarazioni modelli REDDITI e IRAP 2023.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 lett. c) del DLgs. 472/97, l’omessa dichiarazione può essere ravveduta solo entro 90 giorni dalla scadenza del relativo termine di presentazione. Ciò è in armonia con l’art. 2 comma 7 del DPR 322/98, secondo cui si considera omessa la dichiarazione presentata con un ritardo superiore a 90 giorni.

In considerazione del fatto che il termine di presentazione del modello REDDITI 2023 è spirato il 30 novembre 2023 (lo stesso vale per il modello IRAP 2023), il ravvedimento operoso per l’omessa presentazione scade il 28 febbraio 2024.
Ora, di norma l’art. 1 comma 1 del DLgs. 471/97 punisce la dichiarazione omessa con la sanzione proporzionale dal 120% al 240% delle imposte, con un minimo di 250 euro.

Ai fini del ravvedimento si applica però la “speciale” procedura indicata dalla circ. Agenzia delle Entrate 22 ottobre 2016 n. 42, che, in coerenza con i precedenti di prassi (cfr. la circolare ministeriale 23 gennaio 1999 n. 23) equipara la dichiarazione tardiva alla dichiarazione omessa dalla quale non emergono imposte da versare, punita con una sanzione fissa da 250 euro a 2.000 euro.
Occorre in questo caso ravvedere anche gli eventuali omessi versamenti del saldo edegli acconti.

Dal punto di vista operativo, bisogna pertanto:
– presentare il modello REDDITI 2023;
– pagare 25 euro per la tardività (nel modello F24 è necessario indicare il codice “8911” per la sanzione e l’anno 2023, in cui è stata commessa la violazione, non avendo rilevanza né il fatto che la dichiarazione si riferisca al periodo di imposta 2022, né la circostanza che il ravvedimento avvenga nel 2024);
– pagare le imposte e gli interessi legali (si segnala che dal 1° gennaio 2024 il tasso di interesse legale è pari al 2,5% per effetto del DM 29 novembre 2023);
– ravvedere le sanzioni da tardivo versamento del saldo e degli acconti ex art. 13 del DLgs. 471/97.

Per quanto riguarda le violazioni sui versamenti, occorre pagare, per il saldo 2022 e il primo acconto 2023, le sanzioni del 30% ridotte a 1/8 (opera l’art. 13 comma 1 lett. b) del DLgs. 472/97).

In merito al secondo o unico acconto 2023 (il cui termine è anch’esso, di regola, scaduto il 30 novembre 2023, salvo beneficiare del differimento ex art. 4 del DL 145/2023), la sanzione, trattandosi di ritardo contenuto nei 90 giorni, è del 15%, da ridurre al nono (opera l’art. 13 comma 1 lett. a-bis) del DLgs. 472/97).

Spirato il termine del 28 febbraio, l’omessa dichiarazione non è più ravvedibile, ma ciò non significa che non sia opportuno presentarla.
Infatti, ai sensi dell’art. 1 comma 1 del DLgs. 471/97, ove la dichiarazione sia presentata entro il termine per l’invio di quella per il periodo d’imposta successivo e comunque prima dell’inizio di un controllo fiscale, la sanzione è dimezzata, e diviene quindi dal 60% al 120% delle imposte dovute, con un minimo di 200 euro.

Inoltre, l’invio della dichiarazione con pagamento integrale delle imposte sempre entro il termine di presentazione di quella per l’anno successivo e comunque prima dell’inizio di un controllo fiscale/penale è una causa di non punibilità del reato di cui all’art. 5 del DLgs. 74/2000 (art. 13 del DLgs. 74/2000).
Si tratta del reato di omessa dichiarazione, i cui estremi si integrano al superamento della soglia di punibilità pari a 50.000 euro.

Omessi versamenti del saldo e degli acconti da sanare

Purtroppo, la sanzione proporzionale (con minimo del 120% o del 60%) non viene meno se le imposte, tardivamente, sono pagate.
È infatti da ritenersi superata la tesi della circ. Agenzia delle Entrate 19 giugno 2002 n. 54, § 17, secondo cui se le imposte sono state pagate per l’intero ancorché tardivamente l’imposta dovuta sarebbe pari a zero, con susseguente applicazione della sanzione fissa e non proporzionale.

Nonostante le imposte siano pagate, il nuovo orientamento ritiene in ogni caso irrogabile la sanzione proporzionale (120% o 60%) ex art. 1 del DLgs. 471/97, riducibile sino alla metà ai sensi dell’art. 7 comma 4 del DLgs. 472/97 (Corte Cost. 17 marzo 2023 n. 46, con tesi ripresa nella risposta a interpello Agenzia delle Entrate 20 ottobre 2023 n. 450).
La sanzione potrà quindi essere del 60% o del 30%, sempre che gli uffici ritengano di applicare la menzionata riduzione alla metà del minimo.

Premio artigiano Inail a soci dipendenti e amministratori

Un soggetto è socio amministratore di una Srl, ma presta anche attività nella stessa e, dunque, percepisce un compenso come impresa artigiana. Si chiede se è corretto far pagare al socio amministratore il premio artigiano Inail determinato solo in misura fissa, e non anche in misura variabile, sulla base dell’entità del compenso da amministratore.?

La circolare Inail 66/2008 precisa che, se il socio risulta già assicurato all’Inail per l’esercizio di un’attività nell’ambito di un rapporto di dipendenza funzionale con la società, non si dovrà aprire una ulteriore posizione Inail per l’ulteriore attività svolta come amministratore, onorando il saldo del premio unicamente sul calcolo proprio delle società artigiane, come nel caso prospettato. Se invece l’amministratore non svolgesse attività lavorativa come socio, ma solo mansioni assicurabili come amministratore, sarebbe assicurato come lavoratore parasubordinato, osservando i minimali e i massimali previsti per questa categoria di collaboratori.

Credito Imposta e Industria 4.0 – contabilizzazione

Note teoriche aggiornate al 18-06-2021

Sono contributi in conto impianti (

Nonostante l’art. 1 commi 1051-1063 della L. 178/2020 (legge di bilancio 2021) non entri nel merito della modalità tecnica con cui effettuare l’investimento in beni strumentali nuovi ai fini del riconoscimento del relativo credito d’imposta, pare più che ragionevole ritenere che possano godere dell’agevolazione in esame non solo gli acquisti a titolo di proprietà, ma anche le acquisizioni attraverso contratti di locazione finanziaria, qualora si consideri che il comma 1054, relativamente ai predetti contratti, dispone che il costo agevolabile per l’utilizzatore è quello sostenuto dalla società locatrice per il relativo acquisto.

Ed è proprio l’acquisizione mediante contratto di leasing che richiede l’individuazione della corretta modalità di contabilizzazione del credito di imposta.
Le problematiche contabili che si devono affrontare riguardano, da un lato, la natura del componente economico da iscrivere a fronte del credito d’imposta e, dall’altro, l’imputazione temporale di detto componente economico, considerando che né la norma di legge, né i principi contabili nazionali disciplinano la tematica in questione.

Ci si potrebbe rifare a quanto previsto dal documento OIC 11 in tema di determinazione del trattamento contabile delle fattispecie non previste dagli OIC, il quale richiede all’impresa di sviluppare uno specifico trattamento contabile che si riferisca, in ordine gerarchicamente decrescente, alle disposizioni contenute in altri OIC che trattino casi simili e che si possano adattare alla fattispecie in esame e, successivamente, alle finalità e ai postulati del bilancio.

Nel caso qui esaminato, si potrebbe sostenere che il principio contabile applicabile per analogia sia il documento OIC 16, nella parte in cui disciplina l’iscrizione in bilancio dei contributi pubblici commisurati al costo delle immobilizzazioni materiali.

Alla luce della predetta analogia, ed in considerazione della sua logica sottostante, il provento maturato in contropartita al credito d’imposta potrebbe essere assimilato ad un contributo in conto impianti, ovvero a fondi erogati “da un soggetto pubblico (Stato o enti pubblici) alla società per la realizzazione di iniziative dirette alla costruzione, riattivazione e ampliamento di immobilizzazioni materiali, commisurati al costo delle medesime” (OIC 16).

A tale conclusione si giungerebbe, sebbene il nostro sistema contabile non preveda ancora la rilevazione dei beni detenuti in locazione finanziaria nell’attivo di Stato patrimoniale, analizzando l’operazione di acquisizione in leasing (per la quale matura il contributo) da un punto di vista della prevalenza della sostanza economica della suddetta operazione (assimilabile ad un acquisto a titolo di proprietà), rispetto alla sua forma giuridica.

Il contributo in esame possiede, infatti, le stesse caratteristiche sostanziali di un incentivo ricevuto per l’acquisto in proprietà del medesimo bene, relativamente al quale (bene) la teorica mancanza di un costo di acquisto a cui commisurare il contributo (credito) spettante è normativamente compensata dalla previsione del comma 1054 sopra richiamato, che quantifica l’agevolazione alla luce del costo sostenuto dal locatore per l’acquisto del cespite.
Il secondo elemento da considerare al fine di contabilizzare correttamente il contributo in esame riguarda la competenza economica dello stesso.

Il documento OIC 16 prevede che i contributi in conto impianti siano rilevati a Conto economico con un criterio sistematico, gradualmente lungo la vita utile dei cespiti, mediante l’iscrizione a diretta riduzione del costo storico dell’immobilizzazione (metodo diretto), oppure attraverso l’imputazione a Conto economico nella voce “A.5 – Altri ricavi e proventi” e il successivo rinvio per competenza agli esercizi successivi, attraverso la tecnica dei risconti passivi (metodo indiretto).

Volendo applicare per analogia al contributo spettante per i beni acquisiti in leasing quanto previsto dal sopra richiamato OIC 16, ed in particolare avvalendosi del c.d. metodo indiretto, la società potrebbe iscrivere il suddetto contributo nella voce A.5 del Conto economico e, mediante la tecnica dei risconti passivi, imputare temporalmente tale contributo lungo la durata del contratto di leasing; in tal modo, si garantirebbe la correlazione costi-ricavi, elemento cardine del principio di competenza economica.

Ad una rappresentazione contabile similare si potrebbe giungere, peraltro, qualificando il credito di imposta in esame (in modo aderente al criterio di contabilizzazione delle operazioni di leasing previsto dal nostro ordinamento contabile) come un contributo in conto esercizio, in quanto finalizzato a ridurre l’onere sostenuto dal conduttore per le spese di esercizio rappresentate dai canoni di locazione finanziaria dovuti alla società concedente. Poiché i suddetti canoni si manifestano in diversi esercizi, alla luce del principio di competenza sopra richiamato, anche il contributo in oggetto andrà imputato a Conto economico in relazione alla durata del contratto di leasing (cfr. circolare Assonime n. 46/1999).

In contabilità ordinaria è necessaria la ripresa essendo questi crediti irrilevanti ai fini IRPEF, IRES, IRAP e del ROL, tale iscrizione in bilancio comporta l’obbligo di rilevare delle rettifiche dal punto di vista fiscale che:

  • nel quadro RF trovano allocazione nel rigo RF55 (Mod. Redd. PF, SP, SC) “Altre variazioni in diminuzione”.
    Riprendendo quindi l’esempio del paragrafo precedente, stante il credito d’imposta pari ad €. 15.000, nel rigo RF55 in colonna 1 andrà inserito il codice 99, mentre in colonna 2 bisognerà inserire l’importo relativo alla quota parte del credito spettante per l’anno (15.000 diviso 5 = 3.000).
    Di conseguenza la compilazione dovrebbe avvenire come di seguito rappresentato.

PARERE:

Secondo l’opinione prevalente, il credito d’imposta 4.0 costituisce un beneficio economico riconducibile alla fattispecie dei contributi in conto impianti, essendo finalizzato ad agevolare l’acquisto di beni strumentali attraverso una sovvenzione (da utilizzare in compensazione). Peraltro, il credito d’imposta 4.0 è utilizzabile non solo ad abbattimento (tramite compensazione) delle imposte sul reddito, ma di tutti i debiti fiscali che transitano, in termini di modalità di pagamento, sul modello F24. Tale caratteristica conferma la natura del credito d’imposta quale contributo in conto impianti piuttosto che come voce che va ad abbattere direttamente le imposte sul reddito alla voce E22 del conto economico. Pertanto, il credito d’imposta 4.0 va contabilizzato come un contributo in conto impianti (principio contabile Oic 16, paragrafi 86 e 88) nel momento in cui vi è la -certezza del relativo diritto nell’ambito dei risconti passivi, con imputazione all’esercizio della quota di competenza corrispondente al periodo di durata del leasing in tale esercizio rispetto alla durata complessiva, e così via per gli esercizi successivi. L’imputazione della quota di credito d’imposta di competenza nel singolo esercizio avviene a mezzo appostazione dello stesso nella voce A5 di conto economico (altri ricavi). Il credito d’imposta così imputato sarà poi oggetto di variazione in diminuzione in sede di dichiarazione dei redditi, essendo non imponibile.

I contributi in conto esercizio devono essere divisi per la durata del leasing

Acquisto impianto con contabilizzazione metodo diretto EXPERTUP contabilità ordinaria

Omaggi a dipendenti e clienti

Fattura emessa da fornitore per cesto natalizio a cliente (esempio emessa), METTERE N.2.2 FUORI CAMPO IVA

(Versione aggiornata al 15.12.2023) Le cessioni gratuite di beni, seppure prive del requisito di onerosità, sono assimilate alle cessioni di beni “in senso stretto”, come tali soggette alla disciplina dell’IVA (art. 2 co. 2 n. 4 del DPR 633/72).
A tale regola, tuttavia, fanno eccezione (e sono quindi escluse dal campo di applicazione del tributo):

  • le cessioni gratuite di beni la cui produzione o il cui commercio non rientra nell’attività propria dell’impresa, se di costo unitario non superiore a 50 euro;
  • le cessioni gratuite di beni per i quali non sia stata operata, all’atto dell’acquisto o dell’importazione, la detrazione dell’imposta ex art. 19 del DPR 633/72, anche se per effetto dell’opzione di cui all’art. 36-bis del medesimo decreto.

Omaggi di beni non rientranti nell’attività propria d’impresa

Dal coordinamento tra l’art. 2 co. 2 n. 4 del DPR 633/72 e il successivo art. 19-bis1 co. 1 lett. h) deriva che, per i beni non rientranti nell’attività propria dell’impresa (non essendo di propria produzione o commercio), la cessione gratuita è sempre esclusa da IVA.
Infatti, l’art. 19-bis1 co. 1 lett. h) del DPR 633/72 prevede che sia indetraibile l’IVA assolta su beni e servizi che danno luogo a spese che si qualificano come di rappresentanza agli effetti delle imposte sul reddito, tra cui rientrano gli omaggi, salvo che per i beni di costo unitario non superiore a 50 euro.
Pertanto, gli omaggi di beni non rientranti nell’attività propria dell’impresa non integrano mai una cessione soggetta ad IVA:

  • o perché si tratta di beni di costo unitario non superiore a 50 euro;
  • o perché, pur essendo di costo unitario superiore a 50 euro, riguardano beni per i quali non è detraibile l’imposta assolta sull’acquisto.

Omaggi di beni oggetto dell’attività propria d’impresa

La cessione gratuita di beni alla cui produzione o alla cui commercializzazione è finalizzata l’attività dell’impresa è soggetta ad IVA indipendentemente dal costo (o valore) unitario dei beni (inferiore, pari o superiore a 50 euro) (art. 2 co. 2 n. 4 del DPR 633/72).
Gli acquisti di beni destinati ad essere ceduti gratuitamente, la cui produzione o commercio rientra nell’attività dell’impresa, non costituiscono spese di rappresentanza (C.M. 16.7.98 n. 188/E). L’IVA assolta all’atto dell’acquisto è pertanto detraibile, non trovando applicazione la previsione di indetraibilità oggettiva di cui all’art. 19-bis1 co. 1 lett. h) del DPR 633/72.

Omaggi ai dipendenti

I beni acquistati per essere ceduti a titolo di omaggio ai propri dipendenti non sono inerenti all’attività d’impresa e non possono nemmeno essere qualificati come spese di rappresentanza. Di conseguenza:

  • la relativa IVA è indetraibile;
  • la loro cessione gratuita è esclusa dal campo di applicazione dell’imposta ai sensi dell’art. 2 co. 2 n. 4 del DPR 633/72.

Se però gli omaggi sono rappresentati da beni oggetto dell’attività d’impresa:

  • spetta la detrazione dell’imposta;
  • la cessione gratuita è imponibile ex art. 2 co. 2 n. 4 del DPR 633/72.

Prestazioni di servizi gratuite

Ai sensi dell’art. 3 co. 3 del DPR 633/72, rientrano tra le operazioni rilevanti ai fini IVA le prestazioni di servizi gratuite:

  • di valore superiore a 50 euro;
  • sempreché l’imposta afferente agli acquisti di beni e servizi relativi alla loro esecuzione sia detraibile;
  • rese per finalità estranee all’esercizio dell’impresa (restano dunque escluse dal campo di applicazione dell’IVA le prestazioni rese gratuitamente per finalità proprie dell’impresa; cfr. risposta interpello 237/E/2019).

Dal tenore letterale dell’art. 3 co. 3 primo periodo del DPR 633/72, si desume che:

  • l’assoggettamento ad IVA riguarda solo le prestazioni gratuite rese da coloro che operano in regime di impresa;
  • sono, in ogni caso, escluse dall’ambito di applicazione dell’IVA le prestazioni gratuite rese dagli esercenti arti e/o professioni.

Base imponibile

La base imponibile IVA delle operazioni effettuate a titolo gratuito è costituita (art. 13 co. 2 lett. c) del DPR 633/72):

  • per le cessioni di beni, dal “prezzo di acquisto o, in mancanza, dal prezzo di costo dei beni o di beni simili, determinati nel momento in cui si effettuano tali operazioni” (secondo circ. Assonime 13.10.2009 n. 42, potrebbe tenersi conto anche delle spese sostenute successivamente all’acquisto del bene, come quelle per migliorie, riparazioni o completamento, nonché del deprezzamento che il bene ha subito nel tempo);
  • per le prestazioni di servizi, dalle “spese sostenute dal soggetto passivo per l’esecuzione dei servizi medesimi”.

Obblighi documentali

La rivalsa dell’IVA non è obbligatoria per le cessioni di beni e prestazioni di servizi gratuite soggette ad imposta (art. 18 co. 3 del DPR 633/72).
In caso di applicazione della rivalsa, operano gli obblighi documentali ordinariamente previsti, mentre in assenza di rivalsa l’operazione può essere certificata, alternativamente (C.M. 27.4.73 n. 32/501388, § VI):

  • mediante autofattura emessa singolarmente per ciascuna cessione o mensilmente per le cessioni effettuate in un mese;
  • mediante annotazione nel registro degli omaggi.

Tali procedure, benché individuate per le sole cessioni di beni, dovrebbero potersi applicare anche per le prestazioni di servizi gratuite (cfr. circ. Assonime 1.8.96 n. 89).
È stato però chiarito che le modalità di documentazione delle operazioni gratuite senza rivalsa previste dalla citata C.M. 32/73 non sono ammesse per le operazioni soggette all’obbligo di memorizzazione e trasmissione dei corrispettivi, per le quali l’art. 2 co. 5 del DLgs. 127/2015 impone l’emissione del documento commerciale o della fattura al momento dell’ultimazione dell’operazione (cfr. consulenza giuridica Agenzia delle Entrate n. 3/2022).

Fattura elettronica

Per quanto riguarda l’autofattura emessa in modalità elettronica tramite SdI per cessioni e prestazioni gratuite, essa deve riportare sia nel campo relativo al cedente/prestatore, sia in quello relativo al cessionario/committente, l’identificativo IVA del soggetto che emette il documento e, dall’1.1.2021, deve essere identificata dal codice documento “TD27” (cfr. Guida dell’Agenzia delle Entrate alla compilazione delle fatture elettroniche e dell’esterometro e circ. 14/E/2019, § 6.4).

Registrazione

Le cessioni gratuite di beni, anche se imponibili IVA, vanno rilevate esclusivamente nel registro IVA delle vendite (cfr. ancora circ. 14/E/2019, § 6.4), e non anche nel registro degli acquisti, poiché incrementerebbero illegittimamente l’imposta detraibile (Cass. 9254/92).

Assunzioni disabili, le agevolazioni

Al fine di realizzare una concreta promozione dell’inserimento e dell’integrazione lavorativa delle persone con disabilità nel mondo del lavoro, il legislatore ha introdotto, nel corso del tempo, diverse tipologie di incentivi volti ad aumentare l’occupabilità di tali soggetti riconoscendo, al contempo, ai datori di lavoro una riduzione del costo del lavoro.

Innanzitutto, l’art. 13 L. 68/1999, così come novellato dall’art. 10 D.Lgs. 151/2015, ha previsto, a favore dei datori di lavoro, un incentivo di tipo economico, rapportato alla retribuzione lorda imponibile ai fini previdenziali, che varia in funzione del grado e della tipologia di riduzione della capacità lavorativa del soggetto assunto.
L’incentivo è riconosciuto a tutti i datori di lavoro privati,soggetti o meno all’obbligo di assunzione di cui alla L. 68/1999, a prescindere dalla circostanza che abbiano o meno la natura di imprenditore.

Per quanto concerne la platea dei beneficiari, lo stesso può essere legittimamente fruito per l’assunzione delle seguenti categorie di lavoratori:

  • lavoratori disabili che abbiano una riduzione della capacità lavorativa superiore al 79% o minorazioni ascritte dalla prima alla terza categoria di cui alle tabelle annesse al testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra, approvato con D.P.R. 915/1978, e successive modificazioni;
  • lavoratori disabili che abbiano una riduzione della capacità lavorativa compresa tra il 67% e il 79% o minorazioni ascritte dalla quarta alla sesta categoria di cui alle già menzionate tabelle;
  • lavoratori con disabilità intellettiva e psichica che comporti una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%.

L’incentivo spetta per le assunzioni a tempo indeterminatoe per le trasformazioni a tempo indeterminato di un rapporto a termine, anche a tempo parziale, decorrenti dal 1.01.2016.
Tuttavia, è opportuno ricordare che, per i lavoratori con disabilità intellettiva e psichica che comporti una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%, l’incentivo può essere riconosciuto, per tutta la durata del contratto, anche per le assunzioni a tempo determinato, purché tali rapporti abbiano una durata non inferiore a 12 mesi.

Quanto alla durata e all’entità dell’agevolazione le stesse variano in funzione del tipo di assunzione/trasformazione e delle caratteristiche della persona assunta; in particolare l’incentivo è pari al:

  • 70% della retribuzione mensile lorda imponibile ai fini previdenziali per i lavoratori disabili assunti a tempo indeterminato che abbiano una riduzione della capacità lavorativa superiore al 79% o minorazioni ascritte dalla prima alla terza categoria di cui alle tabelle annesse al T.U. delle norme in materia di pensioni di guerra, per una durata di 36 mesi;
  • 35% della retribuzione mensile lorda imponibile ai fini previdenziali per i lavoratori disabili assunti a tempo indeterminato che abbiano una riduzione della capacità lavorativa compresa tra il 67 e il 79% o minorazioni ascritte dalla quarta alla sesta categoria delle tabelle annesse al T.U. delle norme in materia di pensioni di guerra, per una durata di 36 mesi;
  • 70% della retribuzione mensile lorda imponibile ai fini previdenziali per i lavoratori con disabilità intellettiva e psichica che comporti una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%, per una durata di 60 mesi;nelle ipotesi di assunzione a tempo determinato, l’incentivo spetta per tutta la durata del rapporto, fermo restando che, ai fini del riconoscimento dell’incentivo, il contratto deve avere una durata non inferiore a 12 mesi.

Per quanto concerne le condizioni richieste per la fruizione del beneficio l’assunzione deve, innanzitutto, realizzare un incremento occupazionale netto del numero dei dipendenti assunti a tempo indeterminato secondo i criteri fissati dall’art. 31, c. 1, lett. f) D.Lgs. 14.09.2015, n. 150.

Inoltre, come per la generalità degli incentivi alle assunzioni, anche per tale agevolazione è richiesto il rispetto di quanto sancito dall’art. 1, cc. 1175 e 1176 L. 296/2006, ossia l’adempimento degli obblighi contributivi; l’osservanza delle norme poste a tutela delle condizioni di lavoro; il rispetto degli altri obblighi di legge; il rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali, nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Quanto al rispetto dei principi generali in materia di fruizione degli incentivi all’occupazione, previsti dall’art. 31 D.Lgs. 150/2015, l’Istituto previdenziale ha precisato che per le assunzioni effettuate entro la cd. “quota di riserva” gli stessi non possono trovare applicazione, mentre per le assunzioni effettuate oltre la suddetta quota gli stessi dovranno essere rispettati.
Per poter fruire della misura in commento il datore di lavoro non deve rientrare tra coloro che hanno ricevuto e, successivamente, non rimborsato o depositato in conto bloccato, gli aiuti individuali definiti come illegali o incompatibili della Commissione Europea (art. 46 L. 24.12.2012, n. 234); inoltre, il datore di lavoro non deve essere un’impresa in difficoltà, come definita dall’art. 2, par. 18 Regolamento (CE) 651/2014.

Da ultimo, sempre in riferimento alle assunzioni dei lavoratori disabili, il nuovo decreto Lavoro ha introdotto, in via transitoria, un incentivo all’assunzione, da parte di enti del Terzo settore e di altri enti a essi assimilabili, con contratto di lavoro a tempo indeterminato, di soggetti con disabilità e di età inferiore a 35 anni. Le assunzioni, per beneficiare dell’incentivo, devono essere o essere state effettuate nel periodo 1.08.2022-31.12.2023 per lo svolgimento di attività conformi allo statuto del datore di lavoro e riguardare soggetti con disabilità rientranti nell’ambito di applicazione del collocamento obbligatorio, di cui alla L. 12.03.1999, n. 68.
Le modalità di ammissione, quantificazione ed erogazione del contributo, le modalità e i termini di presentazione delle domande, nonché le procedure di controllo saranno definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato per le disabilità e del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, da adottare entro il 1.03.2024.
Poiché, ad oggi, il decreto non è stato ancora emanato l’agevolazione risulta di fatto ancora inapplicabile.

Forfettario e ritenute

Tra gli altri chiarimenti forniti dalla circolare dell’Agenzia delle Entrate 5.12.2023, n. 32/E viene trattato il tema della ritenuta d’acconto e degli effetti che si genererebbero in caso di superamento del limite dei 100.000 euro di ricavi/compensi nell’anno.

Si ricorda che, ai sensi dell’art. 25, c. 1 D.P.R. 600/1973, i soggetti che corrispondono a soggetti residenti compensi per prestazioni di lavoro autonomo devono operare all’atto del pagamento una ritenuta del 20% a titolo d’acconto, con obbligo di rivalsa.
Nel caso dei contribuenti forfetari tale obbligo è derogato dall’art. 1, c. 67 L. 190/2014, disponendo che i ricavi e i compensi relativi al reddito oggetto del regime forfetario non sono assoggettati a ritenuta d’acconto da parte del sostituto d’imposta. Inoltre, il comma 69 dispone che i forfetari non sono nemmeno tenuti a operare le ritenute alla fonte sulle fatture ricevute.

Se il suddetto forfetario supera il limite dei 100.000 euro,fuoriesce immediatamente dal regime agevolato e i compensi percepiti dal professionista ex forfetario, una volta divenuto ordinario, sono assoggettati alla ritenuta d’acconto e dallo stesso momento egli stesso è tenuto a operare ritenuta sulle fatture ricevute.
Si ricorda che le ritenute devono essere operate all’atto del pagamento dei compensi; pertanto, devono essere operate sui compensi che comportano il superamento dei 100.000 euro “percepiti” e per quelli successivi, non devono invece essere operate sui compensi incassati precedentemente, ossia retroattivamente. Quindi, se per esempio la fattura che porta al superamento dei 100.000 euro è stata emessa il giorno 22.12, ma è stata incassata solo il 28.12 la ritenuta sulla stessa deve operarsi dal 28.12 e solo da tale data il professionista ex forfetario si rende anche sostituto di imposta per le fatture ricevute, a decorrere dal primo pagamento da effettuarsi successivamente al 28.12 (nel caso in esempio, anche laddove l’eventuale fattura già ricevuta non indichi l’importo della ritenuta).

La circolare 32/E suddetta fornisce un esempio pratico della questione: il professionista forfetario nel mese di settembre 2023 ha già fatturato e incassato compensi per 80.000 euro e nel mese di ottobre emette, nell’ordine, la fattura n. x di 4.000 euro, la fattura n. y di 30.000 euro e, infine, la fattura n. z di 5.000 euro. Nel mese di novembre è incassata la fattura n. y di 30.000 euro, che determina il superamento del limite di 100.000 euro di compensi «percepiti» nel corso del 2023 e la fuoriuscita immediata dal regime forfetario.
Di conseguenza, il professionista ex forfetario diventato ordinario e subisce la ritenuta d’acconto sia sul medesimo incasso della fattura n. y, sia al momento dell’incasso delle fatture n. x di 4.000 euro e n. z di 5.000 euro, in quanto le stesse verranno incassate dopo il superamento del predetto limite.
Ciò, in ossequio al già richiamato principio di legge secondo cui le ritenute sono operate “all’atto del pagamento” dei compensi.