L’amministratore artigiano e l’INAIL

Una srl artigiana corrisponde all’amministratore un compenso mensile che sconta la contribuzione Inps come gestione separata. Contemporaneamente essendo iscritto all’albo artigiani paga i contributi alla gestione artigiani ed il premio Inail come artigiano secondo la classe di rischio attribuito da Inail. Chiedo se i compensi corrisposti come amministratore devono essere assoggettati a Inail?

Il socio-amministratore “dipendente funzionale” della società che esercita un’attività rischiosa ai sensi dell’articolo 1 DPR 1124/1965 deve essere assicurato. La tutela assicurativa si estende, infatti (art. 4, n. 5, del DPR da ultimo citato), in favore dei soci che svolgono un’attività lavorativa in favore della società medesima con carattere di abitualità, professionalità e sistematicità. Tale rapporto si qualifica come di “dipendenza funzionale”, da intendere come “particolare rapporto di collaborazione tecnica fra il socio e la società di appartenenza, finalizzato al conseguimento di un fine produttivo di beni o servizi.” (v. nota INAIL 27 febbraio 2015, prot. n. 1501). In presenza di attività già assicurata in relazione alla qualità di socio, non rileva lo svolgimento delle funzioni di amministratore. Pertanto: A) per i soci amministratori che lavorano all’interno della società già assicurati all’INAIL si fa riferimento alle retribuzioni convenzionali; B) se il socio amministratore non lavora all’interno della società deve essere assicurato in presenza di rischi che comportino la relativa tutela antinfortunistica ed in presenza di un apposito mandato da parte degli organi sociali (in genere un contratto di collaborazione coordinata e continuativa). Si rientra in tal caso nell’articolo 5 del decreto legislativo 38/2000 e si fa riferimento ai compensi effettivamente percepiti, rispettando il minimale ed il massimale di rendita.

La correzione delle Li. Pe. nel quadro VH

Entro il prossimo 30.4.2024 deve essere trasmessa telematicamente la dichiarazione annuale Iva 2024, relativa al periodo d’imposta 2023.

Ai fini della compilazione della dichiarazione Iva, occorre tenere presente che la comunicazione della liquidazione Iva relativa al quarto trimestre (Li.Pe.) può essere:

trasmessa separatamente, entro il 29.2.2024, con le regole ordinarie previste per i primi tre trimestri 2023;
inclusa nel modello di dichiarazione annuale Iva 2024 con la compilazione del quadro VP, purché tale dichiarazione sia inviata entro il 29.2.2024;
corretta, integrata o inserita nel quadro VH della dichiarazione annuale Iva 2024, se tale dichiarazione è inviata oltre il 29.2.2024.
Ne deriva che il quadro VH, denominato “Variazioni delle comunicazioni periodiche”, all’interno della dichiarazione annuale Iva, deve essere compilato solo qualora si intenda inviare, integrare o correggere i dati omessi, incompleti o errati delle comunicazioni delle liquidazioni periodiche Iva (li.pe.).

Nell’ipotesi di compilazione del quadro, occorre indicare tutti i dati richiesti, anche se non da integrare o correggere.

Vale a dire che, se devono essere variati i dati errati di una singola liquidazione periodica Iva, poniamo l’ipotesi relativa ad un unico trimestre, occorre compilare il quadro VH in modo completo, riportando anche l’ammontare dell’acconto dovuto con il codice relativo al metodo utilizzato per la sua determinazione.

Nel caso in cui l’invio, l’integrazione o la correzione, comporti la compilazione senza dati (es. liquidazioni tutte pari a zero e nessun importo in acconto da versare), il quadro VH deve essere comunque presentato, barrando la casella “VH” posta in calce al quadro VL nel riquadro “Quadri compilati”.

Qualora, però, i dati omessi, incompleti o errati, non rientrino tra quelli da indicare nel quadro VH, detto quadro non deve essere compilato.

Poniamo, quindi, l’ipotesi di un mero errore di compilazione dei righi VP2 o VP3, dedicati rispettivamente al totale delle operazioni attive e al totale delle operazioni passive, all’interno di una comunicazione della liquidazione periodica Iva; in tale ipotesi, considerato che l’errore non può essere evidenziato nel quadro VH, detto quadro non deve essere compilato.

Si evidenzia, come indicato dall’Agenzia delle entrate nella risoluzione n. 104/E/2017, che la correzione o l’integrazione di una comunicazione della liquidazione periodica Iva comporta il pagamento di una sanzione base di 500 euro per l’invio delle LI.PE. oltre i 15 giorni.

In particolare, la sanzione dovuta deve essere versata utilizzando il codice tributo 8911 e l’anno di riferimento (2023).

Si evidenzia, con la seguente tabella, quali sono gli importi dovuti per ravvedimenti oltre i 15 giorni, tenendo presente che il termine finale va computato con riferimento al termine di presentazione della dichiarazione annuale Iva.

Scadenza Entro 90 giorni
– lett. a-bis) –

Entro invio dichiarazione n
– lett. b) –

Entro invio dichiarazione n+1
– lett. b-bis) –

Oltre 2 anni
– lett. b-ter) –

31.5.2023 55,56 euro (1/9)
entro il 29.8.2023

62,50 euro (1/8)
entro il 30.4.2024

71,43 euro (1/7)
entro il 30.4.2025

83,33 euro (1/6)
entro il 31.12.2029

16.9.2023 55,56 euro (1/9)
entro il 15.12.2023

62,50 euro (1/8)
entro il 30.4.2024

71,43 euro (1/7)
entro il 30.4.2025

83,33 euro (1/6)
entro il 31.12.2029

30.11.2023 55,56 euro (1/9)
entro il 29.2.2024

62,50 euro (1/8)
entro il 30.4.2024

71,43 euro (1/7)
entro il 30.4.2025

83,33 euro (1/6)
entro il 31.12.2029

29.2.2024 55,56 euro (1/9)
entro il 30.4.2024

62,50 euro (1/8)
entro il 30.4.2025

71,43 euro (1/7)
entro il 30.4.2026

83,33 euro (1/6)
entro il 31.12.2030

Nell’ipotesi di regolarizzazione dopo la constatazione della violazione, ai sensi dell’articolo 13, comma 1 lett. b-quater), D.Lgs. 472/1997, la sanzione è pari a 100 euro (riduzione a 1/5).

Si ricorda, infine, che le comunicazioni delle liquidazioni periodiche Iva 2023 possono essere integrate, corrette e inviate fino alla data di invio, ovvero alla scadenza, della dichiarazione annuale Iva 2024.

Ritenute d’acconto, quando? 2024

Le ritenute a titolo di acconto che i “sostituti di imposta” hanno l’obbligo di effettuare sui redditi corrisposti a talune categorie di persone fisiche percipienti (cosiddetti “sostituìti”), tra i quali i professionisti, i rappresentanti, o i dipendenti, devono essere versate entro il 16 del mese successivo a quello di pagamento. A tale regola esiste un’eccezione, nata con lo scopo di semplificare gli obblighi di quei sostituti di imposta definiti in gergo “minimi”, ossia il cui volume di ritenute effettuate nell’anno solare è abbastanza esiguo.

In base all’articolo 2 del DPR n. 445/1997, come modificato dall’articolo 3 comma 2 del DPR 14/10/99, n. 542, i sostituti di imposta che nell’anno erogano esclusivamente compensi di lavoro autonomo a non più di tre soggetti ed effettuano ritenute d’acconto per un importo complessivo non superiore a € 1.032,91 (pari a 2 milioni di lire) effettuano i versamenti delle ritenute operate distintamente per ciascun periodo di imposta entro il termine per il versamento del saldo delle imposte sui redditi.

Qualora nel corso del periodo di imposta venga superato anche uno dei limiti suindicati (numero dei percettori di reddito di lavoro autonomo, e limite quantitativo dell’importo complessivo delle ritenute effettuate ), il sostituto di imposta è tenuto, a partire dalla prima scadenza utile, ad effettuare i versamenti nei termini ordinari previsti dal DPR n. 602/73 La norma impone alcune notazioni.

In particolare :

  • non si fa alcuna distinzione in base al soggetto che effettua la ritenuta, e quindi la norma si applica al sostituto di imposta in generale, sia che esso sia persona fisica, sia società, sia altro;
  • le ritenute oggetto della semplificazione sono solo quelle effettuate a redditi di lavoro autonomo, di cui all’articolo 25 del DPR n. 600/73, ad esclusione quindi degli altri tipi di ritenute quali quelle per lavoro dipendente, provvigioni, ecc.;
  • non occorre solamente fare attenzione al numero dei percettori dei compensi di lavoro autonomo, ma occorre anche avere riguardo al fatto che essi siano i soli soggetti a cui è stata effettuata la ritenuta nel periodo di imposta.

È il caso di rilevare come la dilazione gratuita permessa dalla norma consenta di ritardare il versamento fino a più di un anno: si pensi al caso in cui un compenso venga pagato, ad esempio, nel mese di gennaio; poichè la relativa ritenuta dovrà,  essere pagata entro il termine per il versamento a saldo delle imposte sui redditi (attualmente il 3o giugno) dell’anno successivo, e non entro il 16 febbraio, la dilazione sarà pari a sedici mesi.
Nel caso in cui invece gli stessi soggetti corrispondessero nello stesso anno anche dei redditi di lavoro dipendente, o delle provvigioni, si avrà che tutte le ritenute (e quindi anche quelle dell’avvocato e del commercialista, potenzialmente rinviabili) dovranno essere versate nei termini ordinari.

La norma in commento ha carattere opzionale, e non è quindi obbligatoria. L’eventuale scelta deve essere indicata nella dichiarazione relativa al periodo di imposta nel corso del quale essa è stata effettuata.
Il codice tributo per il versamento della ritenuta nei termini più ampi permessi è comunque sempre il 1040. Il periodo di riferimento è invece quello dell’anno di effettuazione, ossia quello di pagamento del compenso.
La semplificazione non esonera i sostituti di imposta dalla presentazione del Mod. 770, che dovrà essere compilato avendo cura di inserire al campo “note” di cui al quadro ST (relativo ai versamenti), il codice apposito (“A”) che indica che il versamento è stato effettuato avvalendosi appunto della semplificazione in esame.

Soggetti sostituti minimi: Si precisa che tale norma non interferisce, non avendo nulla in comune, con quella di cui all’art. 2 comma 1 del Dpr n. 445/1997, che riguarda i cc.dd. sostituti minimi, ossia coloro i quali durante l’anno hanno corrisposto soltanto compensi di lavoro autonomo a non più di tre soggetti, per un totale di ritenute inferiore ad euro 1.032,91, i quali possono effettuare i versamenti di tali ritenute entro il termine stabilito per il versamento a saldo delle imposte sui redditi del relativo anno (anziché entro il canonico termine del 16 del mese successivo).

Chi: Sostituti d’imposta che durante l’anno corrispondono soltanto compensi di lavoro autonomo a non piu’ di tre soggetti ed effettuano ritenute inferiori ad euro 1.032,91 che si avvalgono della facolta’ di effettuare i versamenti entro il trentesimo giorno successivo al termine previsto ai sensi dell’art. 17, comma 2, del D.P.R. n. 435/2001.

Cosa: Versamento delle ritenute sui redditi di lavoro autonomo operate nell’anno 2019 con la maggiorazione dello 0,40% a titolo di interesse corrispettivo nel mese di luglio 2020

Modalità: Modello F24 con modalita’ telematiche, direttamente (utilizzando i servizi “F24 web” o “F24 online” dell’Agenzia delle Entrate, attraverso i canali telematici Fisconline o Entratel oppure ricorrendo, tranne nel caso di modello F24 a saldo zero, ai servizi di internet banking messi a disposizione da banche, Poste Italiane e Agenti della riscossione convenzionati con l’Agenzia delle Entrate) oppure tramite intermediario abilitato

Codici Tributo:

  • 1040 – Ritenute su redditi di lavoro autonomo: compensi per l’esercizio di arti e professioni

Tipologie tributi:

  • ritenute

Categorie contribuenti:

  • Imprenditori artigiani e commercianti, agenti e rappresentanti di commercio, ecc.
  • Lavoratori autonomi, professionisti titolari di partita Iva iscritti o non iscritti in albi professionali
  • Societa’ di persone, societa’ semplici, Snc, Sas, Studi Associati
  • Societa’ di capitali ed enti commerciali, SpA, Srl, Soc. Cooperative, Sapa, Enti pubblici e privati diversi dalle societa’
  • Istituti di credito, Sim, altri intermediari finanziari, societa’ fiduciarie
  • Enti che non svolgono attivita’ commerciali

Editori, IVA

L’Iva da applicare alle operazioni riguardanti i prodotti editoriali assume il carattere di un’imposta monofase: non colpisce l’incremento di valore dei beni nei vari passaggi ma l’Iva rimane in carico ad un unico soggetto passivo, l’editore.

L’editore è l’operatore che intraprende l’iniziativa economica editoriale, dove le operazioni interessate sono le seguenti cessioni: giornali quotidiani e periodici, libri, cataloghi e depliants, stampati su carta o registrati su supporti informatici o fisici (CD, CD-rom, ecc.).

Dall’altra parte sono esclusi dal regime dell’editoria i seguenti beni:

1) Cessioni dei prodotti editoriali unitamente a beni diversi dai supporti integrativi, con prezzo indistinto e in unica confezione, se il costo del bene ceduto congiuntamente alla pubblicazione è superiore al 50% del prezzo dell’intera confezione;

2) I prodotti editoriali oggetto di cessione intracomunitaria ed esportazione in quanto operazioni non imponibili iva;

3) Prestazioni di intermediazione;

4) I giornali periodici gratuiti quali veicoli per la diffusione di messaggi pubblicitari;

5) Prodotti editi on-line (es. E-book), ciò in quanto le cessioni telematiche sono da configurarsi quale “commercio elettronico diretto”, con l’impossibilità di estendere loro i benefici previsti per il settore editoriale dalla normativa Iva.

Per il calcolo dell’Iva nell’editoria sono applicabili due regimi che operano in base:

  • Alle copie effettivamente vendute.

Questo primo regime costituisce il sistema obbligatorio di determinazione dell’imposta per le cessioni di:

– Cataloghi;

– Giornali e periodici pornografici;

– Giornali quotidiani, periodici e libri con beni diversi dai supporti integrativi;

– Riviste periodiche da parte di associazioni sportive e pro-loco, che esercitano l’opzione per l’esonero degli obblighi di tenuta delle scritture contabili e che già applicano l’imposta in misura forfettaria.

L’Iva a carico dell’editore è determinata, per ognuna o per tutte le testate o titoli, in base al numero delle copie effettivamente vendute, quindi sulla differenza (base imponibile) tra quelle da lui consegnate o spedite e quelle restituitegli in quanto rimaste invendute. Dalle copie effettivamente vendute si procedere allo scorporo dell’imposta dall’ammontare dei corrispettivi. Sulla base imponibile così determinata si deve poi applicare l’aliquota (in genere quella del 4%).

Ciò comporta, anche al fine di superare la presunzione di cessione, che l’editore istituisca una speciale registro tenuto e conservato ai sensi dell’articolo 39 del Dpr 633/1972, sul quale annotare, per ciascuna pubblicazione:

– la data di consegna o spedizione;

– le quantità consegnate o spedite;

– la descrizione del prodotto editoriale

– la data di restituzione;

– le quantità restituite;

– quelle cedute;

– il prezzo di copertina;

– la base imponibile

Per poter operare nel “Sistema delle copie vendute”, occorre manifestarne l’opzione, barrando l’apposito rigo del quadro VO, della dichiarazione annuale IVA da presentarsi l’anno successivo a quello in cui la scelta è stata operata, con effetto vincolante triennale. L’effetto dell’opzione varia in base alla diversa tipologia:

> Se è effettuata per l’intera testata o titolo, ha effetto fino a quando non è revocata, con le medesime modalità, ed è comunque vincolante per 3 anni;

> Se invece l’opzione è effettuata per singolo numero, essa è vincolata limitatamente al numero stesso e può essere comunicata cumulativamente per i numeri relativi all’intero anno, in sede di dichiarazione annuale.

  • Alle copie consegnate o spedite, con forfetizzazione delle rese.

Questo secondo regime si applica limitatamente al commercio di libri, giornali quotidiani, periodici diversi da quelli elencati nella prima parte del nostro articolo, per il quale costituisce il sistema di base salvo opzione per il regime delle copie effettivamente vendute (l’esercizio di tale opzione si desume dal comportamento concludente ed è comunicata all’Agenzia delle Entrate tramite il rigo VO6 della dichiarazione Iva).

L’iva sulle cessioni può essere determinata per ciascuna testata o titolo sulla base delle copie consegnate o spedite, diminuite di una percentuale di resa forfetizzata pari al:

– 70% per i libri;

– 80% per i giornali quotidiani e i periodici.

La somma su cui applicare la percentuale forfettizzata è determinata dal prezzo di copertina di tutte le copie consegnate o spedite, anche a titolo gratuito, in abbonamento o in esecuzione di contratti estimatori (sono escluse le copie esportate, in quanto non imponibili e quelle cedute a titolo di campione gratuito, purché riportino la relativa specifica indicazione espressa sia sopra il prezzo di vendita, che sulla copertina).

L’Iva a carico dell’editore si determina scorporando l’imposta sull’ammontare dei corrispettivi diminuiti della percentuale di resa forfetizzata. Sulla base così determinata si applica l’aliquota del 4%.

Le variazioni di prezzo intervenute successivamente alla consegna o spedizione, comportano corrispondenti rettifiche della base imponibile già assoggettata all’imposta.

Nel regime forfettario l’editore dovrà tenere un apposito registro, detto “registro delle tirature“, annotando entro il mese successivo quanto segue;

– il numero delle copie consegnate o spedite (con esclusione di quelle di cui alle successive lettere b) e c)

– il numero delle copie consegnate o spedite in abbonamento, con esclusione di quelle di cui alla successiva lettera c)

– il numero di copie cedute senza applicazione dell’imposta in esportazione o cessione intracomunitaria

– il numero di copie costituenti la resa forfetaria, calcolata sul numero di copie consegnate o spedite di cui alla precedente lettera a)

– il prezzo di vendita al pubblico, comprensivo dell’imposta, di ciascuna copia

– l’ammontare dei corrispettivi, determinato moltiplicando il prezzo di cui alla lettera e) per il numero delle copie consegnate o spedite di cui alla lettera a), diminuito di quelle costituenti la resa forfetaria di cui alla lettera d)

– l’ammontare dei corrispettivi, comprensivi dell’imposta, riscossi per le cessioni di pubblicazioni effettuate in abbonamento, ridotto delle percentuali di forfetizzazione della resa

– l’ammontare complessivo imponibile determinato sulla base dell’importo dei corrispettivi di cui alle lettere f) e g), diminuito, a norma del comma 4 dell’articolo 27, delle percentuali ivi indicate

– l’ammontare della relativa imposta.

Per entrambi i regimi è necessario che le pubblicazioni rechino sulla copertina l’indicazione del prezzo di vendita al pubblico comprensivo di Iva. In assenza di tale requisito, pur restando ferma l’applicazione del regime monofase sull’intero prezzo della confezione, si renderà applicabile l’aliquota ordinaria Iva del 22% anziché quella ridotta.

Detto questo, in merito alla detraibilità degli acquisti non vi sono eccezioni degne di nota: l’editore può detrarre regolarmente l’imposta assolta sugli acquisti o sulle importazioni di beni e servizi impiegati nella produzione, edizione o commercio registrando il quanto nel registro degli acquisti. L’unica particolarità è dovuta dall’indetraibilità dell’imposta pagata in dogana relativamente alle pubblicazioni in esame importate dall’estero.

Come sottolineato in apertura di articolo, il regime dell’editoria si riferisce esclusivamente all’attività svolta dagli editori. << Tutti gli altri soggetti che intervengono nei successivi passaggi (distributori, commercianti e rivenditori), fino alla vendita all’acquirente finale, restano fuori dall’imposta, sia dal punto di vista sostanziale sia da quello formale >>. A loro, tuttavia, non è preclusa la detrazione dell’IVA pagata per l’acquisto dei beni, diversi dai prodotti editoriali, utilizzati nello svolgimento dell’attività di commercializzazione di questi ultimi.

<< Nel campo dell’editoria, pertanto, l’IVA deve essere corrisposta unicamente dall’editore (contribuente di diritto) sul prezzo di copertina della pubblicazione e l’imposta rimane condensata nel prezzo di vendita della pubblicazione e non può essere separatamente addebitata in fattura >>.

Per quel che concerne distributori e rivenditori vi è da precisare che quanto prima esposto si riferisce a soggetti che agiscono in nome proprio, in esecuzione di un contratto estimatorio o di una vera e propria cessione;ciò in quanto, qualora agissero invece in nome e per conto dell’editore, in esecuzione di contratti di deposito con rappresentanza o di altre tipologie contrattuali similari, il corrispettivo afferente tale attività d’intermediazione sarebbe soggetto a IVA nei modi ordinari, con applicazione delle normali regole in tema di detrazione e rimborso.

CU 2024 – fringe benefit

Entro il 18 marzo 2024 (il 16 marzo cade di sabato) i sostituti d’imposta sono tenuti a effettuare l’invio telematico della Certificazione Unica 2024 all’Agenzia delle Entrate, oltre a consegnare il modello al percipiente. Più tempo invece per le certificazioni contenenti esclusivamente redditi esenti, o non dichiarabili mediante la dichiarazione dei redditi precompilata, il cui termine di trasmissione è previsto per il 31 ottobre 2024.
Si ricorda che il modello della Certificazione Unica 2024, relativo al periodo d’imposta 2023, è stato approvato con il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate n. 8253 del 15 gennaio 2024, unitamente alle istruzioni per la compilazione (aggiornate poi il 7 febbraio 2024).

Diverse sono le novità che interessano il modello; tra queste, rientrano sicuramente i fringe benefit e il bonus carburante.

In particolare, rispetto allo scorso anno viene sdoppiata la sezione “Erogazioni in natura” (campi nn. 474 e 475) e confermata la casella relativa al bonus carburante, che assume però una nuova numerazione (n. 476).
Lo sdoppiamento in due caselle delle erogazioni in natura è il risultato delle differenti discipline sui fringe benefit previste per il periodo d’imposta 2023. Si ricorda, infatti, che l’art. 51 comma 3 terzo periodo del TUIR stabilisce che non concorre a formare il reddito di lavoro dipendente il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati al lavoratore se il valore complessivo degli stessi non supera 258,23 euro.

In deroga all’art. 51 comma 3 prima parte del terzo periodo del TUIR, l’art. 40 del DL 48/2023 ha poi previsto, limitatamente al solo periodo d’imposta 2023:
– l’innalzamento a 3.000 euro del limite massimo di esclusione dal reddito di lavoro dipendente dei fringe benefit;
– l’inclusione tra i fringe benefit concessi ai lavoratori anche delle somme erogate o rimborsate ai medesimi dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale.

L’innalzamento a 3.000 euro della soglia di esenzione e l’inclusione tra i fringe benefit dei rimborsi delle bollette di acqua, luce e gas previsti dall’art. 40 del DL 48/2023 trovano però applicazione esclusivamente in favore dei lavoratori dipendenti con figli fiscalmente a carico. Come sottolineato dall’Agenzia delle Entrate (circ. n. 23/2023, § 2), l’art. 12 comma 2 del TUIR prevede che sono fiscalmente a carico i figli che abbiano un reddito non superiore a 2.840,51 euro (per il computo di tale limite si considera il reddito al lordo degli oneri deducibili), mentre per i figli di età non superiore a 24 anni tale limite di reddito è elevato a 4.000 euro.

Sul punto, giova ricordare come la misura sia riconosciuta in misura intera a ogni genitore, titolare di reddito di lavoro dipendente e/o assimilato, anche in presenza di un unico figlio, purché lo stesso sia fiscalmente a carico di entrambi.
In caso di superamento dei limiti di 258,23 euro o di 3.000 euro, l’intero valore dovrà essere assoggettato a tassazione ordinaria.

Ciò premesso, il sostituto d’imposta dovrà indicare nel punto:
– 474, i compensi in natura comunque erogati, indipendentemente dal loro ammontare, per i quali l’art. 51 comma 3 del TUIR ha previsto la non concorrenza alla formazione del reddito se di importo non superiore a 258,23 euro;
– 475, i compensi in natura comunque erogati, indipendentemente dal loro ammontare, per i quali il citato DL 48/2023 ha previsto la non concorrenza alla formazione del reddito se di importo non superiore a 3.000 euro.

Per quanto concerne il bonus carburante, l’art. 1 del DL 5/2023 prevede la non concorrenza alla formazione del reddito del lavoratore dei buoni benzina o di analoghi titoli per l’acquisto di carburanti ceduti dai datori di lavoro privati ai dipendenti nel 2023 fino a 200 euro (tale esclusione non rileva ai fini contributivi). Tali somme vanno indicate nel punto 476 della CU 2024.

Nell’ipotesi in cui venga effettuata un’erogazione in natura o di buoni carburante in sostituzione del premio di risultato, l’intero importo del fringe benefit o del buono carburante deve essere riportato – oltre che nei punti sopra indicati – anche nella sezione denominata “Somme erogate per premi di risultato in forza di contratti collettivi aziendali o territoriali”. In particolare, nei punti 573 593 occorre riportare l’ammontare del premio di risultato corrisposto sotto forma di benefit e inoltre occorre riportare nei punti:
– 580 e 600, l’importo dei benefit costituiti da erogazioni in natura di cui all’art. 51 comma 3 del TUIR;
– 581 e 601, l’importo dei benefit erogati a favore dei lavoratori dipendenti con figli fiscalmente a carico per i quali l’art. 40 del DL 48/2023 ha previsto l’innalzamento della soglia a 3.000 euro e l’estensione della non imponibilità anche ai rimborsi delle bollette;
– 583 e 603, l’importo del benefit costituito da buoni carburante di cui al DL 5/2023.

Società immobiliari

Aspetti IVA e definizione di impresa ristrutturatrice

L’art. 10 del DPR 633/72, nell’individuare il trattamento impositivo delle cessioni e locazioni immobiliari, individua specificatamente il caso in cui a cedere o locare sia:

  • l’impresa costruttrice;
  • l’impresa c.d. “ristrutturatrice”, ovvero l’impresa che abbia eseguito sul fabbricato, anche tramite imprese appaltatrici, gli interventi di cui all’art. art. 3 co. 1 lett. c), d) o f) del Testo unico dell’edilizia (DPR 380/2001).

È da notare come la definizione di “impresa costruttrice” o di “impresa ristrutturatrice” fornita dalla norma non implichi un riferimento esclusivo alle società immobiliari, tenuto conto che non è necessario che la società abbia come oggetto esclusivo o prevalente dell’attività la costruzione (o il recupero) immobiliare per la vendita, bensì la definizione coinvolge anche le imprese che svolgano solo occasionalmente l’attività di costruzione o di ristrutturazione di fabbricati.


Ad esempio, la società immobiliare di gestione o di rivendita, che non abbia nè costruito nè ristrutturato l’immobile che intende locare o vendere, non rientra nei confini della dizione di “impresa costruttrice” recata dall’art. 10 del DPR 633/72. Invece, la società immobiliare di costruzione che abbia effettivamente costruito o ristrutturato l’immobile che intende cedere o locare rientra nella definizione di “impresa costruttrice” o “impresa ristrutturatrice” di cui all’art. 10 del DPR 633/72.

Locazione di fabbricati

A norma dell’art. 10 co. 1 n. 8 del DPR 633/72, la locazione:

  • di fabbricati abitativi è imponibile ad IVA su opzione del locatore se il locatore è l’impresa che ha costruito il fabbricato o che su di esso ha eseguito (anche tramite imprese appaltatrici) gli interventi di cui all’art. 3 co. 1 lett. c), d) ed f) del Testo unico dell’edilizia, ovvero se oggetto della locazione è un “alloggio sociale” ex DM 22.4.2008;
  • di fabbricati strumentali è imponibile ad IVA su opzione del locatore chiunque esso sia. 

In tutti gli altri casi, la locazione risulta esente da IVA.
Ove una società immobiliare lochi un fabbricato, si applica il seguente regime impositivo:

  • se si tratta di un immobile abitativo, la società immobiliare può optare per l’imponibilità IVA solo se essa stessa ha costruito o ristrutturato l’immobile da locare, ovvero se l’immobile ha natura di “alloggio sociale”;
  • se si tratta di un immobile strumentale, la società può in ogni caso esprimere l’opzione per l’imponibilità IVA.

In assenza di opzione, l’atto di locazione risulta esente da IVA.

Imposta di registro

Per quanto concerne l’imposta di registro, gli atti di locazione di fabbricati posti in essere da società immobiliari:

  • aventi ad oggetto fabbricati abitativi:
    • se imponibili ad IVA (su opzione), scontano imposta di registro in misura fissa (in ossequio al principio di alternatività IVA-registro);
    • se esenti IVA, scontano l’imposta di registro proporzionale (atteso che, a norma dell’art. 40 del DPR 131/86, in deroga al principio generale, non si considerano operazioni “soggette ad IVA”);
  • aventi ad oggetto fabbricati strumentali:
    • se imponibili ad IVA, in deroga al principio di alternatività IVA-registro, scontano contemporaneamente sia l’IVA che l’imposta di registro proporzionale;
    • se esenti IVA, scontano l’imposta di registro proporzionale (atteso che, a norma dell’art. 40 del DPR 131/86, in deroga al principio generale, non si considerano operazioni “soggette ad IVA”).

Omessa dichiarazione UNICO e dich Tardiva entro 90 gg

Entro il 28 febbraio 2024 può essere ravveduta l’omessa presentazione delle dichiarazioni modelli REDDITI e IRAP 2023.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 lett. c) del DLgs. 472/97, l’omessa dichiarazione può essere ravveduta solo entro 90 giorni dalla scadenza del relativo termine di presentazione. Ciò è in armonia con l’art. 2 comma 7 del DPR 322/98, secondo cui si considera omessa la dichiarazione presentata con un ritardo superiore a 90 giorni.

In considerazione del fatto che il termine di presentazione del modello REDDITI 2023 è spirato il 30 novembre 2023 (lo stesso vale per il modello IRAP 2023), il ravvedimento operoso per l’omessa presentazione scade il 28 febbraio 2024.
Ora, di norma l’art. 1 comma 1 del DLgs. 471/97 punisce la dichiarazione omessa con la sanzione proporzionale dal 120% al 240% delle imposte, con un minimo di 250 euro.

Ai fini del ravvedimento si applica però la “speciale” procedura indicata dalla circ. Agenzia delle Entrate 22 ottobre 2016 n. 42, che, in coerenza con i precedenti di prassi (cfr. la circolare ministeriale 23 gennaio 1999 n. 23) equipara la dichiarazione tardiva alla dichiarazione omessa dalla quale non emergono imposte da versare, punita con una sanzione fissa da 250 euro a 2.000 euro.
Occorre in questo caso ravvedere anche gli eventuali omessi versamenti del saldo edegli acconti.

Dal punto di vista operativo, bisogna pertanto:
– presentare il modello REDDITI 2023;
– pagare 25 euro per la tardività (nel modello F24 è necessario indicare il codice “8911” per la sanzione e l’anno 2023, in cui è stata commessa la violazione, non avendo rilevanza né il fatto che la dichiarazione si riferisca al periodo di imposta 2022, né la circostanza che il ravvedimento avvenga nel 2024);
– pagare le imposte e gli interessi legali (si segnala che dal 1° gennaio 2024 il tasso di interesse legale è pari al 2,5% per effetto del DM 29 novembre 2023);
– ravvedere le sanzioni da tardivo versamento del saldo e degli acconti ex art. 13 del DLgs. 471/97.

Per quanto riguarda le violazioni sui versamenti, occorre pagare, per il saldo 2022 e il primo acconto 2023, le sanzioni del 30% ridotte a 1/8 (opera l’art. 13 comma 1 lett. b) del DLgs. 472/97).

In merito al secondo o unico acconto 2023 (il cui termine è anch’esso, di regola, scaduto il 30 novembre 2023, salvo beneficiare del differimento ex art. 4 del DL 145/2023), la sanzione, trattandosi di ritardo contenuto nei 90 giorni, è del 15%, da ridurre al nono (opera l’art. 13 comma 1 lett. a-bis) del DLgs. 472/97).

Spirato il termine del 28 febbraio, l’omessa dichiarazione non è più ravvedibile, ma ciò non significa che non sia opportuno presentarla.
Infatti, ai sensi dell’art. 1 comma 1 del DLgs. 471/97, ove la dichiarazione sia presentata entro il termine per l’invio di quella per il periodo d’imposta successivo e comunque prima dell’inizio di un controllo fiscale, la sanzione è dimezzata, e diviene quindi dal 60% al 120% delle imposte dovute, con un minimo di 200 euro.

Inoltre, l’invio della dichiarazione con pagamento integrale delle imposte sempre entro il termine di presentazione di quella per l’anno successivo e comunque prima dell’inizio di un controllo fiscale/penale è una causa di non punibilità del reato di cui all’art. 5 del DLgs. 74/2000 (art. 13 del DLgs. 74/2000).
Si tratta del reato di omessa dichiarazione, i cui estremi si integrano al superamento della soglia di punibilità pari a 50.000 euro.

Omessi versamenti del saldo e degli acconti da sanare

Purtroppo, la sanzione proporzionale (con minimo del 120% o del 60%) non viene meno se le imposte, tardivamente, sono pagate.
È infatti da ritenersi superata la tesi della circ. Agenzia delle Entrate 19 giugno 2002 n. 54, § 17, secondo cui se le imposte sono state pagate per l’intero ancorché tardivamente l’imposta dovuta sarebbe pari a zero, con susseguente applicazione della sanzione fissa e non proporzionale.

Nonostante le imposte siano pagate, il nuovo orientamento ritiene in ogni caso irrogabile la sanzione proporzionale (120% o 60%) ex art. 1 del DLgs. 471/97, riducibile sino alla metà ai sensi dell’art. 7 comma 4 del DLgs. 472/97 (Corte Cost. 17 marzo 2023 n. 46, con tesi ripresa nella risposta a interpello Agenzia delle Entrate 20 ottobre 2023 n. 450).
La sanzione potrà quindi essere del 60% o del 30%, sempre che gli uffici ritengano di applicare la menzionata riduzione alla metà del minimo.

Premio artigiano Inail a soci dipendenti e amministratori

Un soggetto è socio amministratore di una Srl, ma presta anche attività nella stessa e, dunque, percepisce un compenso come impresa artigiana. Si chiede se è corretto far pagare al socio amministratore il premio artigiano Inail determinato solo in misura fissa, e non anche in misura variabile, sulla base dell’entità del compenso da amministratore.?

La circolare Inail 66/2008 precisa che, se il socio risulta già assicurato all’Inail per l’esercizio di un’attività nell’ambito di un rapporto di dipendenza funzionale con la società, non si dovrà aprire una ulteriore posizione Inail per l’ulteriore attività svolta come amministratore, onorando il saldo del premio unicamente sul calcolo proprio delle società artigiane, come nel caso prospettato. Se invece l’amministratore non svolgesse attività lavorativa come socio, ma solo mansioni assicurabili come amministratore, sarebbe assicurato come lavoratore parasubordinato, osservando i minimali e i massimali previsti per questa categoria di collaboratori.